Dolcetto di Dogliani: Essenzialmente Papa Celso

2025年8月8日Daniele Borgogno
Dolcetto di Dogliani: Essenzialmente Papa Celso

Dogliani – Dove il Dolcetto parla con la sua voce più pura

A volte i vini raccontano una storia. Quelli buoni, sempre.

Ho incontrato Papa Celso (il vino) per la prima volta non in una sala degustazione, ma al tavolo di una trattoria nelle Langhe una domenica di qualche (forse molti) anni fa, e da allora mi sono dovuto ricredere sul Dolcetto.

Non è solo che Papa Celso sia buono—lo è eccome. È che porta con sé la storia di una famiglia. Il vino prende il nome da Celso Abbona che, oltre sessant’anni fa, piantò vigne di Dolcetto su queste colline. All’epoca Dogliani era già sinonimo di Dolcetto, ma non di fama o di prezzi alti: era il vino della gente, quello che si metteva in tavola ogni giorno, con il pane e il salame, senza formalità. Per Celso, piantare Dolcetto non era una strategia commerciale: era semplicemente ciò che qui si faceva. (A quei tempi non sospetti il Dolcetto valeva più del Barolo)

Quelle vigne sono ancora lì, contorte e pazienti, con radici profonde nei terreni calcareo-argillosi che definiscono questa zona a sud del Piemonte. Il comune di Dogliani è il cuore della denominazione che oggi porta il suo nome—Dogliani DOCG, riconosciuta nel 2005 ma con tradizioni che affondano molto più indietro. A differenza di altre DOC di Dolcetto, qui il disciplinare impone l’uso esclusivo di Dolcetto, senza eccezioni.

“Esclusivo” però non significa “semplice”. Il Dolcetto, nonostante la fama di vino quotidiano, ha carattere. Il nome può trarre in inganno—Dolcetto significa “piccolo dolce”—ma il vino è sempre secco, a volte con una leggera nota amarognola sul finale. Offre profumi di ciliegia nera, prugna e mandorla. Matura presto, prima di Nebbiolo, ed è per questo che i viticoltori lo amano. Ma la sua bassa acidità e i tannini morbidi rendono difficile dargli struttura e profondità.

Qui Papa Celso si distingue. La maggior parte dei Dolcetto affina per poco tempo in acciaio inox, mantenendo freschezza ma rischiando di restare un po’ “rigidi”. Abbona invece sceglie un’altra via: dieci mesi in vasche di cemento e argilla. Il cemento lascia respirare il vino quanto basta per farlo distendere; l’argilla gli dona quiete. Nessun aroma di vaniglia o spezie: solo frutto, tessitura e un’eleganza silenziosa.

Il risultato è un Dolcetto vibrante, con aromi di mora e viola, ma anche setoso al palato. Si sente la concentrazione delle vecchie vigne, ma anche una calma che nasce solo da tempo e pazienza.

Pazienza: una parola che ricorre spesso a Dogliani. Qui il Dolcetto non imita nessuno: non vuole essere Barolo o Barbaresco. Vuole essere se stesso. E quando lo è, racconta la storia di chi lo ha piantato e di chi lo custodisce, vendemmia dopo vendemmia.

Papa Celso Dogliani Scoprilo qui

Dogliani Papà Celso DOCG 2022 - Marziano Abbona - Vinai del Borgo

Cosa rende speciale il Dogliani DOCG e l’uva Dolcetto

Guidando a sud da Alba, la strada si arrampica dolcemente, serpeggiando tra colline e vallate. I cartelli indicano paesi che suonano come poesie: Bastia Mondovì, Belvedere Langhe, Farigliano. Poi, su un muro scolorito, la scritta: Benvenuti a Dogliani.

Qui, nell’estremo sud delle Langhe, il Dolcetto non è una varietà tra le tante: è la varietà. Il disciplinare del Dogliani DOCG—istituito nel 2005, ma con radici storiche che risalgono almeno al 1593—impone l’uso del Dolcetto in purezza, senza tagli. Nel 2011 ha inglobato la DOC Dolcetto delle Langhe Monregalesi, unificando la produzione sotto un unico nome.

L’area di produzione si estende su colline tra i 250 e i 700 metri di altitudine, con terreni calcareo-argillosi e un clima più fresco rispetto a Barolo. Le escursioni termiche mantengono vivi i profumi, evitando surmaturazioni.

Due le tipologie: il Dogliani “base”, fresco e immediato, e il Dogliani Superiore, che deve affinare almeno dodici mesi e raggiungere il 13% di alcol. In entrambi i casi, il risultato è un vino secco, fruttato, con note di ciliegia nera, prugna e talvolta mandorla amara, tannini morbidi e acidità contenuta.

A Dogliani, il Dolcetto è un simbolo. Non è solo un vino: è un’identità collettiva.

Perché il legno non è ideale per il Dolcetto

Quando si pensa all’affinamento del vino, è facile immaginare file di botti di rovere in una cantina. Per vini strutturati come Barolo o Bordeaux, il legno è parte integrante: regala note di vaniglia, spezie, tostatura e tannini aggiuntivi.

Il Dolcetto, invece, è un’altra storia.

Con la sua bassa acidità, tannini moderati e frutto succoso, questo vitigno vive della sua immediatezza. Il suo fascino sta nella ciliegia croccante, nei mirtilli, nella mora: aromi che il rovere nuovo rischia di coprire. Il legno apporta sapori e struttura che, in un Dolcetto, possono sbilanciare più che arricchire.

Per questo, a Dogliani molti produttori—tra cui Marziano Abbona—preferiscono vasche di cemento e argilla. Questi materiali “respirano” quel tanto che basta per ammorbidire il vino, senza aggiungere aromi estranei. L’acciaio è anch’esso diffuso, anche se tende a mantenere il Dolcetto più teso e nervoso.

Ci sono eccezioni: alcuni Dogliani Superiore vedono brevi passaggi in legno neutro, solo per arrotondare la tessitura. Ma anche in quei casi, il rovere è un contorno, non il protagonista.

Il Dolcetto non ha bisogno di travestimenti: la sua forza è nella sua autenticità.

FAQ

 

1. Cos’è il Dolcetto di Dogliani?
È una DOCG piemontese dedicata esclusivamente al Dolcetto, noto per frutto puro, tannini morbidi e beva immediata.

2. In cosa si distingue dal Dolcetto d’Alba?
Il Dolcetto di Dogliani proviene solo da vigneti locali, con rese basse e affinamenti che ne esaltano morbidezza e autenticità.

3. Il Dolcetto di Dogliani può invecchiare?
Sì, soprattutto da vecchie vigne e grandi produttori, mantenendo frutto e complessità per diversi anni.

4. Perché si usa il cemento per l’affinamento?
Il cemento “respira” lentamente, ammorbidendo il vino senza aggiungere aromi, preservando la vera voce del Dolcetto.

5. Con quali piatti abbinarlo?
Ideale con pasta al ragù, arrosti, funghi e formaggi di media stagionatura.

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